lunedì 26 maggio 2008

Elogio alla brava ballerina


Una questione imperante in milonga è la bravura dei ballerini; e dei maestri. Ecco un aneddoto.

Anni fa, quand’ero poco più che novizio del tango, giunse nella mia città una tra le migliori ballerine al mondo per uno stage. Ne avevo sentito parlare, sapevo ch’era apprezzata ma ignoravo le gerarchie tanguere, insieme a tante altre cose. Orgoglioso dei miei primi successi e già armato di diverse figure non mi mancava niente.

Così, in milonga, tra la titubanza dei ballerini più esperti, emerse la mia faccia tosta. La invitai e lei accettò. Oggi capisco che non avrebbe potuto rifiutare: ogni ballerino famoso mette in conto un certo numero di tanghi “politicamente” corretti prima ancora che desiderati.

Ballammo ed ero emozionato; di tutte le figure che conoscevo mi riuscì appena una camminata o poco più. La ballerina chiuse gli occhi e ballò come se fossi stato il più virtuoso dei ballerini. Partecipe ed appassionata. Fu un tango “troppo” gradevole per le mie capacità. A digiuno dei più elementari codici di comportamento, sentì solo la spinta di un sano realismo nel sorriderle e ringraziarla al termine del tango.

In un sol ballo un grande insegnamento che da allora cerco di onorare in ogni mio tango. Il post è un piccolo tributo ad una grande maestra. (foto by 35mmMonkey)

mercoledì 14 maggio 2008

Tango milonguero: indicatori di qualità



Sul blog Alma Milonguera, curato da due bravi maestri di Napoli (Mara e Paolo, nel video), è pubblicato un quaderno tecnico con gli “indicatori di qualità” per una buona tecnica di ballo. Ovviamente una buona tecnica di ballo si compone di tanti elementi; con gli indicatori hanno voluto evidentemente elencare quelli che secondo loro rivestono una certa priorità. L’argomento è particolarmente stimolante.

Pur condividendo pienamente la validità degli elementi tecnici elencati da Mara e Paolo, quando in milonga cerco di scovare i più bravi ballerini/e, in genere, utilizzo insieme ad alcuni dei loro “indicatori” anche altri parametri; analoghi criteri mi guidano sia quando studio sia quando insegno.

Come premessa occorre definire cosa si intenda per “buon ballerino” e con quali strumenti quantificarne la qualità. A differenza del tango da palcoscenico, dove possono essere stilati criteri “oggettivi” per definire una tecnica più o meno corretta (ad esempio dalla quantità di spettatori, dagli incassi, dalle recensioni, ecc.), nel tango milonguero i criteri sono molto più sfumati. Si balla infatti per il piacere, proprio e del partner, e questo è difficilmente misurabile, se non su base statistica (…e vallo a selezionare un campione rappresentativo di ballerini!). Mi è capitato di guardare tangheri “terribili a vedersi”, a cui non avrei dato alcun credito, salvo poi sentire i commenti entusiastici di chi aveva appena ballato con loro. Che dire in questi casi? Se c’è piacere, la tecnica è corretta!

Gli elementi tecnico-strutturali che vado ad elencare sono quelli che ritengo possano rendere un tango piacevole sulla base della mia personale esperienza di ballerino e insegnante. Sono dunque “indicatori” soggettivi che ammettono ampie eccezioni. Si limitano a quelli valutabili dall’esterno;dall’interno si colgono tante altre sfumature che avrebbe poco senso inserire nel post. Ecco dunque i miei indicatori:

1) Poca energia nelle “gambe”: nel tango milonguero la comunicazione avviene con la parte alta del corpo. Ognuno poi ha il suo sistema di riferimento, chi dice l’addome, chi il petto, chi le spalle, chi il centro… io uso il centro. Lo scambio di informazione avviene attraverso il centro: l’uomo convoglia l’energia per guidare uno spostamento; la donna lo recepisce e lo segue. L’energia che arriva alle gambe è solo un tenue riflesso di quella che passa per i centri; tutta l’energia in eccesso non solo è al di fuori della comunicazione di coppia ma è percepita come un disturbo. Come corollario aggiungerei la generica assenza di tensioni, anche nell’abbraccio (cfr. il post su tangoquerido).

2) Il “centro” rivolto verso il partner: se la comunicazione avviene tramite i centri questi devono “guardare” il partner altrimenti l’energia risulta dispera in altre direzioni (è una questione di vettori…). Casi tipici: i dolori di schiena delle ballerine quando il centro dell’uomo guarda in basso. – Questo potrebbe in parte equivalere all’allineamento dei cingoli di cui parlano Mara e Paolo.

3) Movimento delle anche: i Maestri dicono che il passo milonguero è pesante, come quello di un elefante. Ho impiegato un po’ di anni a capire cosa significasse. Non era difficile: è solo un gioco di anche; l’anca senza peso si rilassa e si abbassa, l'altra è allineata col centro e sostiene il peso. Il rilassamento delle gambe parte dalle anche. Cari milongheri, redarguiti a lezione per evitare movimenti di bacino, posso immaginare il vostro stupore. Provare per credere!

4) Partecipazione di tutto il corpo al movimento: qui entriamo nella “metafisica”. Agli inizi viene insegnato a restare impettiti e a ballare ingessati. Col tempo si scopre l’utilità del gioco delle anche, delle ginocchia (Susana Miller dice che i milongueros “parlano” con le ginocchia), del “centro”, che si porta dietro tutto il busto, ecc.. Difficile spiegare con le parole questo punto: chi ne ha esperienza mi avrà già compreso, per gli altri “come se non avessi detto niente”.

5) Le pause: qui mi ritrovo perfettamente in sintonia con Mara, Paolo e presumibilmente con qualche comune maestro… E aggiungerei che una buona pausa richiede consapevolezza del ruolo delle anche sia per l’uomo sia per la donna. In realtà le pause andrebbero inserite in un discorso più ampio di interpretazione musicale (e circolazione in pista...) ma stanno bene anche in una voce a sé stante.

6) tacchi sul pavimento: al di là di ogni altra considerazione, come ad esempio i famosi dolori delle ballerine agli avampiedi (di cui ho conoscenza teorica), è sufficiente provare una taccata (di cui ho conoscenza pratica) per condividere questo punto.

7) inclinazione dell’asse: non mi sembra il caso di dilungarmi

8) Lo sguardo…quello dell'altro/a però! Se esprime soddisfazione vuol dire che sta andando benone ma se si perde nel vuoto o se cerca i saluti delle persone a bordo pista… non ci sono altri indicatori che tengano! Questo è l’indicatore risolutivo.

Questi sono i criteri principali attraverso cui mi faccio un idea della qualità tecnica di un ballerino/a, fermo restando che a questi pochi punti aggiungo volentieri gli altri elencati da Mara e Paolo. Forse dimentico qualcosa, del tipo: interpretazione musicale, seguire la ronda, ecc. ecc., ma questo lo diamo per scontato … oppure no?

lunedì 12 maggio 2008

Tango tristemente milonguero

Il tango milonguero, etimologicamente e prima d’ogni sorta di caratterizzazione stilistica, è quello che si vive in milonga. La milonga è un luogo aperto, sociale, dove si condivide, ci si confronta e si partecipa. Ogni tanghero balla col proprio partner, ma anche con le altre coppie in pista con cui si muove formando un tutt’uno organico e funzionale. Gli sguardi e i commenti delle persone ai tavoli avvolgono ed amalgamano i ballerini. Spogliare il tango milonguero di questa socialità significa negargli la sua stessa identità. Quando a spogliarlo sono poi quegli stessi tangheri che si professano cultori del “tango-milonguero” si giunge ad una triste semplificazione che riduce l’anima di un ballo sociale ad una mera e talvolta presunta abilità tecnica.

In molte milonghe, più spesso nelle città di grandi dimensioni, si respira un’aria seriosa, con molti ballerini dal cipiglio imbronciato e divisi, perfino nei posti a sedere, per gruppi di provenienza: quelli di un maestro nell’angolo destro della sala, quelli di un’altra scuola nell’angolo buio a sinistra, quelli di un terzo gruppo ai tavoli del lato lungo… attenzione a non incrociarsi con gli altri, uno perché noi siamo i migliori, due perché il “meticciato” squalifica, tre perché il tango è cosa seria e complessa! Talmente complessa che in molti non l’abbiamo ancora capita…

Non si capisce infatti perché i gruppi auto-referenziati, bravi per se stessi e sublimati nella loro alterigia, sentano la necessità di andare in milonga anziché vedersi, solo tra loro eletti, in luoghi separati. Così facendo, loro potrebbero bearsi e compiacersi l’un l’altro, mentre noi altri potremmo godere di milonghe più rilassate.

Come tanti altri appassionati di tango sociale, anche io ho sempre più spostato la mia vita sociale nelle milonghe, abbandonando molte delle precedenti abitudini e passioni, e mi piacerebbe trovarvi un ambiente più sereno. In fin dei conti, dopo una giornata di lavoro, in milonga ci si va (anche) per rilassarsi e per star bene tra e con la gente.
Sarebbe ragionevole aspettarsi da parte di tutti quelli che trascorrono gran parte della propria vita sociale in milonga una particolare predisposizione al confronto e all’interazione con gli altri. Per questo trovo totalmente paradossale che proprio taluni sedicenti cultori del tango milonguero restino arroccati intorno alla loro convinzione d’essere ballerini eletti e, per questo, sentano la necessità di esternare una loro superiorità: un tango tristemente milonguero!

Ovviamente ognuno è libero di restare impettito, guardando dall’alto in basso il resto del mondo, ma si dovrà pur riconoscere che due o tre gruppi di tangheri che si atteggiano in tal guisa, in una stessa milonga, rendono l’atmosfera un po’ pesante. Sarà che a BA ci sono anche situazioni d’elite (e credo che ormai ci sia di tutto e di più), ma dobbiamo importare proprio tutti gli usi e costumi argentini, anche quelli più stupidi, insieme al tango?
(foto by LaTur)