lunedì 31 marzo 2008

tango milonguero 2


In un commento al post del 6 febbraio, Dori coglie una sfumatura molto interessante: "...Avvicinarsi o "stringersi" non è tango milonguero. E' l'errore piu' diffuso, l'idea che ha chi NON balla milonguero...". Condivido pienamenete! Il tango è un'esperienza e solo chi la vive in prima persone riesce a coglierne il significato più intimo.

In una recente chiacchierata, Susana Miller, una delle più competenti insegnanti di tango, commentava le perplessità di quei tangheri che considerano "semplice" il tango milonguero: "Com'è possibile pensare che tutte le persone che studiano per anni e anni lo stile milonguero siano così stupide da perdere tempo e danari? Non dovrebbero forse chiedersi cosa c'è dietro uno studio così impegnativo?". In realtà le parole che ha usato non erano proprio queste (ti chiedo scusa, Susana...) ma il senso dell'argomentazione era molto simile.

L'apprendimento del tango procede attraverso almeno tre stadi, raffigurabili (per chi ha fantasia) da una curva logistica:
- 1° stadio: il neofita si avvicina con prudenza al tango e cercando di capirne i principi basilari procede molto lentamente nell'apprendimento. Sono i principianti che "camminano, camminano" correggendo la postura, vincendo l'imbarazzo e che si muovono timidamente in milonga. E' una fase fortemente selettiva;
- 2° stadio: superata la prima fase, tutto è nuovo e tutto viene appreso ad una velocità sorprendente. E' il momento in cui si imparano mille figure, si sperimenta il proprio corpo in nuove dinamiche, si scoprono grandi possibilità. Questa è la fase del grande entusiasmo, di quando si va a ballare a tutte le occasioni. Ci si sente tangheri in carriera e ci si compiace dei propri progressi. In milonga (ma solo in Italia) ci si sente in diritto di sperimentare di tutto; si è concentrati prevalentemente su se stessi. Al termine di questa fase, in genere, si pensa di sapere già tutto e, venuto meno il mordente, si lascia, si smette di studiare o si passa agli stili "da spettacolo";
- 3° stadio: solo i più tenaci o gli studenti più fortunati (per i Maestri che hanno incontrato) decidono di approfondire lo studio. Le figure sono già state apprese, quasi tutte, e inizia un lavoro di finitura che ti fa sentire, più vai avanti, sempre meno competente. La progressione nell'apprendimento è lentissima perché si avvale di mille minuscoli particolari che pur sembrando insignificanti elevano la qualità (= godibilità) del ballo in modo lento ma deciso. La milonga è vissuta con maggiore rispetto e, oltre a se stessi, si matura maggiore consapevolezza del partner di ballo e delle altre coppie. I grandi ballerini, a vederli ballare, sembra che non facciano nulla di particolare, sempre le solite "stupide e limitate" figure, eppure l'espressione della loro partner è "estasiata" (e viceversa per le brave ballerine) e l'armonia tra le coppie in sala è totale. Oltre il terzo, il 4° stadio credo non lo si possa raccontare.

Così capita spesso che molti ballerini, al loro secondo stadio di apprendimento, partecipino a qualche stage di tango milonguero e subito dopo pensino di aver già capito tutto. Per il loro livello di esperienza nel tango milonguero (forse eccellerano in altri stili...) è normale che l'abbraccio serrato sia tutto; all'epoca fu lo stesso per me! Stringere l'abbraccio era come eseguire una nuova figura, grezza e fine a se stessa. Solo col passare degli anni, quando mi incamminai nello studio dei dettagli iniziai a scoprire la ricchezza di questo mondo e ad intuire il motivo per il quale molti argentini hanno passato una vita in milonga, ballando, senza mai annoiarsi. Difficile andare oltre solo con le parole...
(foto by Metempsycose)

7 commenti:

sirena ha detto...

Come vedi torno a trovarti. I tuoi post sono per me .."ossigeno" vi leggo cio' che probabilmente penso anch'io, ma non è ancora "venuto a galla"!
Mi considero e sono ancora principiante, nonostante quattro anni di studio e qualche stage o pratica con milongueri( Tete, Viqueira,Miller,Luisito Ferraris..).
Mi stupisco ogni volta di quanto riescano a darmi, anche solo guidandomi a camminare..
Una cosa ho imparato: il tango, quello milonguero, chiede pazienza e tempo.Ma io non ho fretta!!
;-)Ciao! Dori

farolit ha detto...

Sì, il percorso di apprendimento del tango è anche un percorso di formazione della coscienza di sè. Può non finire mai... o arrestarsi a uno degli stadi che descrivi.
Chissà cosa ferma molti tangueri già al secondo stadio: stanchezza, pigrizia, saturazione, incapacità di andare oltre.
Da me (tango a Messina) sono soprattutto le donne ad arrendersi al secondo stadio, stanche di studiare e convinte che con quello che hanno conquistato in un paio d'anni dli lezioni possono andare a vanti a tanghicchiare in milonga, senza più la paralisi del principiante.
Credo che molto dipenda sia dalle spinte motivazionali interne (desiderio o meno di superare i limiti che il tango ci mette davanti) ma anche dagli incontri, dalle occasioni, dai maestri che "scopri" e - con loro - dalle nuove possibilità di evoluzione a cui puoi avere accesso. Ad esempio "il modo di costruire l'abbraccio" e di agire l'enrgia all'interno di esso. Certamente un abbraccio stretto e "apilado" caratterizza formalmente lo stile milonguero. E lo rende riconoscibile sia da fuori che da dentro. Ma la conquista dell'universo complesso che c'è in questo abbraccio stretto e apilado non è così visiblie per chi non sa (o vuole) arrivare a quello che tu definisci terzo stadio. Insomma "intender non lo può chi non lo prova"
Un abrazo apilante.

massitango ha detto...

ciao farolit,
nella riservatezza di questa conversazione, lontana da orecchi indiscreti, dai blasonati maestri che vendono a caro prezzo le loro preziose figure e dai loro contenti allievi, che le comprano, sento di potermi confidare... :-)
Sono stato anche io un "allievo contento", almeno fin quando una maestra, forse non ancora avezza al mercato italiano delle figure, si lasciò andare a qualche correzione più profonda. Usò parole simili a quelle del tuo commento (energia) e me ne mostrò il significato e il gusto. Da allora, ho iniziato a porre attenzione all'energia con cui il mio corpo istintivamente viveva ogni accento musicale e alla sua condivisione con la partner. La ripetizione di un movimento, sempre uguale, ben presto mi stanca; la condivisione di questa energia e delle sue variazioni mi esalta. Da allora ho scoperto un nuovo gusto per il ballo; probabilmente cambierà ancora in futuro ma dubito che il "tango delle figure" tornerà ad esercitere il suo fascino (per prudenza aggiungo un..."mai dire mai".

Col passare degli anni ho visto come la maggior parte dei ballerini fermi alle figure, anche se molto talentuosi, prima o poi abbiano perso l'entusiasmo per il ballo, e magari guadagnato quello d'altri interessi. Ti ripropongo (cfr. http://tango-milonguero.blogspot.com/2007/10/aaa-figure-di-tango-cottimo.html) una riflessione sul ruolo dei maestri e sull'abitudine di vendere sempre più la cultura delle figure e sempre meno quella del tango. Mi piacerebbe sapere la tua opinione sull'argomento, magari anche con un post sul tuo blog. Aspetto di leggerti. Ciao

ilprimopasso ha detto...

ciao! non so conosci una certa alicia pons nei suoi stage unisce proprio la necessità dell'energia corporea come espressione indispensabile del tango soprattutto dell'estilo milonguero, non so se viene talvolta qui in italia ma se ti capita vacci, credo potrebbe piacerti!!

massitango ha detto...

non ho mai incontrato alicia pons, ma dopo la tua segnalazione sarò attento a cercarla tra gli innumerevoli stage che ci sono in italia. ciao e grazie!

angelo ha detto...

Non credo che nell'apprendimento del tango ci possa essere una fase 2 in cui si imparano mille figure.
Ammesso che esista una fase 2, é necessario insistere a fondo sulla tecnica, sulla postura, su una migliore conoscenza del proprio corpo. E lasciar perdere le mille figure, é come imparare una poesia a memoria. E questo é frustante, perché se la testa rifiuta un apprendimento a memoria, figuriamoci il corpo.
In un tango appreso così malamente, c'é un doppio rischio. Abbandonarlo nella presunta fase 2, perché é solo noia ripetere figure a caso, senza dialogo di coppia o dialogo con la musica.
Oppure, se si va nella cosiddetta fase 3, c'é un rischio ancora peggiore. Si fanno tecnicamente bene le figure apprese in precedenza, e tutto sembra liscio come l'olio. Ma si é fuori dalla musica, o meglio dal racconto della musica. Non é ballare, é fare finta. Si fanno bene i movimenti del tango, e nulla di più.

massitango ha detto...

angelo, scusa se pubblico in ritardo il tuo commento...un "attimo" di distrazione!
condivido il tuo pensiero ma sarei ipocrita se non confessassi che, all'inizio della mia esperienza tanghera, ero molto attratto dalle "figure spettacolari" (come la gran parte dei principianti). forse all'epoca mancavano "buone milonghe" (e buoni milongueros?) attraverso cui discernere il "buono" dal "cattivo" tango. oggi è diverso; e concordo col tuo punto di vista. grazie del commento