lunedì 22 dicembre 2008

Tango update 2009


A tutti i lettori del blog ed agli appassionati di tango auguro per il 2009 un felice "tango update".

Un vero "tango nuevo" che riscopra il gusto antico di ritrovarsi in milonga per il gusto dell'incontro senza l'inutile ingombro di passi e figure fine a sè stessi. Per un tango che privilegi la comunicazione e la condivisione sulle onde della musica. Per un tango che riscopra i valori tradizionali e che si affranchi dalla commercializzazione delle passioni. Un tango sincero, lontano da etichette e divisioni.


Il tango è dei tangheri e cresce così com'è il loro modo di sentire: ai più esperti è demandata la responsabilità di guidare questo sviluppo. Un augurio a tutti i più bravi tangheri italiani per non dimenticare le difficoltà e l'entusiasmo delle prime lezioni, dei primi balli, delle figuraccie e delle emozioni vissute in milonga; per incoraggiare i nuovi appassionati e per aiutarli a crescere. Un augurio particolare a tutti i maestri perché non insegnino solo dove e come spostare i piedi ma sappiano anche trasmettere come incontrare l'altro.

Dopo tanti anni di ballo e dopo aver appreso innumerevoli figure, ho iniziato ad apprezzare il tango come strumento per godere della musica, dell'incontro e della comunicazione.
Auguro a tutti i principianti del 2009 di avvicinarsi da subito all'essenza del ballo senza perdere tempo in inutili autocelebrazioni.

Il tango, per essere proprio, deve essere per l'altro. Tete, maestro e grande milonguero, ai suoi allievi domanda: "perché balli tango? e come vuoi che si senta la persona che balla con te?" E lo domanda con più di 50 anni di tango alle spalle!

Senza pensare ad un tango già pronto e confezionato, aggiungereste altro all'update 2009?
Auguri di buon Natale e di un sereno anno nuovo a tutti i tangheri e in particolare a chi ha onorato il blog con i suoi commenti: dori, farolit, ilprimopasso, controtango, fra, niky, alessandro, mara, lulamiao, ecc..
(foto di laffy4k)

giovedì 23 ottobre 2008

Decalogo per la Milonga


La vita in milonga è spesso difficile. Pochi consigli potrebbero rendere la convivenza non solo meno pericolosa ma anche più piacevolmente serena.
Ho provato a scrivere un piccolo decalogo provvisorio...tanto provvisorio che per ora è di soli 8 punti!
Con i contributi di chi vorrà intervenire potrà essere ampliato o migliorato; altrimenti resterà un "octagolo".

L'idea è che in milonga le coppie possano trovare il piacere di stare in pista assieme agli altri, in modo che le "regole" non servano solo ad evitare incidenti!


Consigli per una piacevole milonga tradizionale:

1) in milonga si balla in ronde concentriche, procedendo in senso antiorario;

2) in ronda le coppie sono più o meno equidistanti. Questo significa che è necessario gestire la distanza dalla coppia antecedente: se avanza occorre occupare lo spazio che si è liberato; se si ferma ci si deve arrestare senza né andargli a ridosso né superarla. Se la ronda funziona non c’è necessità di superare!

3) chi non è in grado di gestire le distanze dalle altre coppie in ronda dovrebbe spostarsi verso la parte centrale della pista;

4) i movimenti in senso orario (ad es. il passo indietro) possono essere eseguiti solo se la distanza tra le coppie lo consente e se ovviamente c’è rispetto della ronda: altrimenti sono da evitare;

5) evitare le “figure” pericolose per le altre coppie o quelle che non consentano un buona gestione degli spazi;

6) ballare con i tacchi rasi al pavimento onde evitare di “infilzare” qualcuno e regolare la posizione del braccio sinistro dell’uomo perché i gomiti non siano pericolosi;

7) quando si inizia a ballare, entrare in pista senza disturbare le coppie in ronda;

8) andare in milonga per il piacere di ballare e di stare con gli altri. E buon tango a tutti!

Sarebbe oltremodo carino se col contributo di tutti i consigli fossero migliorati, fosse anche solo nell'esposizione. Ovviamente chi vuole può stampare i consigli e farne, ad esempio, dei volantini da lasciare sui tavoli della milonga dato che non tutti i tangheri sono formati nelle proprie scuole alla buona educazione in pista. Nel caso, chiederei la cortesia, nulla di più, di citare il blog.
(foto di claudia_perilli)

venerdì 10 ottobre 2008

Arringa milonguera

Un argomento molto gettonato nelle comunità tanghere riguarda le differenze stilistiche. Oggetto del contendere è spesso il “tango milonguero”. Sento dire che l’espressione è sconveniente e che ha solo valenza commerciale; che lo stile di ballo è limitativo, adatto solo per tangheri poco talentuosi e che rappresenta la versione semplificata del vero tango. Prima rispondevo, argomentavo, dibattevo. Poi mi sono arreso: ognuno è libero di fare e pensare come gli pare. E tuttavia, quando a discettare “dottamente” dell’argomento sono maestri, organizzatori o altri operatori con responsabilità verso le comunità tanghere, mi torna il desiderio di spendere qualche parola.

milongueros

Come più volte detto, il tango “milonguero” indica almeno etimologicamente il tango della milonga e in questo senso è sinonimo di tango salon. Prima d’ogni altra osservazione mi sembra dunque ovvio che, di tango milonguero, ne possa parlare con cognizione di causa solo chi frequenta abitualmente le milonghe e ama cimentarsi con la pista nella sua più gloriosa espressione (i.e. quando pullula di tangheri!). Di contro chi più discetta dell’argomento sono proprio quei tangheri, anche maestri, che frequentano la milonga saltuariamente e che riescono a dar sfoggio della loro abilità solo in fine serata, con la pista ormai vuota. Tuttavia millantano esperienze portene, in epiche vacanze, durante le quali hanno potuto saggiare il “vero tango” (ed evidentemente il “vero tango” i loro quattrini!).
estilo

Con l’espressione tango milonguero è costume indicare anche una particolare espressione stilistica nell’ambito degli stili di tango salon. Deve essere subito chiaro cha la tassonomia stilistica cerca di catalogare realtà o interessi che già esistono, senza la pretesa di crearne di nuovi. Questa catalogazione ha un’utilità pratica, permettendo di qualificare corsi, stage, ecc., a beneficio dei potenziali fruitori (e talora anche dei maestri e degli organizzatori!). Vale la pena di aggiungere che Susana Miller, a cui è attribuita la primogenitura dell’espressione “tango milonguero”, non ha inventato nulla di nuovo ma ha semplicemente definito il modo di ballare di alcuni (e non di tutti!) vecchi milongueros, approfondendo gli aspetti pedagogici. Numerosi maestri argentini, talora anche molto autorevoli, disconoscono questa caratterizzazione stilistica mentre altri la denigrano apertamente ravvisandone solo degli scopi commerciali. Nulla di cui stupirsi: i denunciati fini commerciali, diretti o indiretti, sono molto più diffusi nel mondo del tango di quanto i detrattori della Miller lascino intendere! Al di là di queste diatribe, non sempre ispirate a nobili principi, ci si rende facilmente conto che l’insegnamento della Miller non è poi così originale, anzi… Segno che il tango salon - stile milonguero è più o meno tecnicamente definito e non si tratta di un’estrapolazione da altri sistemi.
esperienza

Ogni milonguero con un certo bagaglio d’esperienza (di milonga, si badi bene) si differenzia per un suo unico ed irripetibile modo di ballare. La “tecnica” del tango milonguero si basa sull’“esperienza collettiva” cioè sull’insieme di quei caratteri che accomunano i cultori di questo stile, con l’imprescindibile contributo di chi le milonghe di Buenos Aires le ha frequentate per una vita. Partendo da questa base tecnica il tango milonguero si arricchisce poi dell’esperienza più raffinata dei grandi ballerini (sempre di milonga), con dettagli e particolari, talora davvero poco appariscenti, che possono rendere un ballo più frizzante, armonioso e gradevole. Così, la tecnica del tango milonguero si compone d’elementi basilari, in genere più evidenti almeno agli occhi del profano, e di altri più “sottili” che possono essere acquisiti solo in momenti successivi, quand’è maturata la giusta esperienza (di milonga, ovviamente). L’abbraccio tendenzialmente serrato sui due lati del petto è quindi solo una delle componenti tecniche “basilari” del tango milonguero e non certo l’unica. Quando esperti tangheri d’altra formazione, ma profani milongueri, stringono l’abbraccio con cipiglio appassionato, emulando goffamente ben più illustri ballerini, e nella convinzione d’aver esaurito d’un sol colpo l’esperienza e lo studio necessari, liquidano tutta la complessità di un linguaggio loro sconosciuto come “tango semplificato e limitativo”, viene da pensare che semplificata e limitata sia piuttosto la loro competenza.

semplificazioni

La convinzione secondo cui il tango milonguero rappresenterebbe la “versione semplificata” d’altri modi di ballare nasce dall’erronea supposizione che, data la difficoltà ad eseguire in abbraccio serrato figure più “ariose”, esso equivalga ad un tango aperto privato della possibilità d’aprire l’abbraccio! Ora occorre una precisazione. Nei luoghi dove si balla un tango sociale è dato per scontato che alcune figurazioni non possano e non debbano essere eseguite. Forse in Europa e in Italia non è poi così scontato. Mi hanno raccontato di famosi maestri argentini che dopo aver calcato le milonghe europee con evoluzioni mirabolanti, una volta tornati nei loro luoghi d’origine, sono stati visti ballare in modo molto più sobrio. L’impressione è che l’Italia, insieme a tanti altri paesi, sia vissuta spesso come terra di conquista dove, accantonate le regole, prevale la necessità di fare proseliti sia ballando in modo più appariscente sia insegnando un tango tutt’altro che sociale. Questo tipo di tango, spacciato per tango da milonga, alla fine è un tango più da esibizione o da palcoscenico. Così, in Italia, prima ancora di confrontare lo stile milonguero con gli altri stili di tango da milonga (o tango salon da noi poco o male diffuso) occorre differenziarlo dal tango da palcoscenico.
genetica

Senza dilungarmi su argomenti triti e ritriti, mi sembra opportuno richiamare una differenza genetica: il tango da palcoscenico nasce per emozionare il pubblico; il tango milonguero (al pari degli altri stili da sala) per il piacere della coppia di ballo. Nel corso della reciproca evoluzione, il primo ha selezionato le tecniche più adatte a suscitare impatto emotivo sul pubblico, tralasciandone altre di minor effetto scenico; il secondo ne ha sviluppate invece altre ancora, talora poco appariscenti, ma adatte ad aumentare la gradevolezza del ballo nella coppia. Non si tratta d’attributi mutuamente esclusivi nel senso che non necessariamente un tango da palcoscenico sarà sgradevole o uno milonguero esteticamente deprecabile e tuttavia va da se che il primo privilegi le tecniche “belle”, il secondo quelle “piacevoli”.

fascino

Stante l’esistenza di elementi tecnici “propri”, non condivisi e talora antitetici tra il tango milonguero e quello da palcoscenico, l’affermazione secondo cui il primo sia la versione semplificata del secondo vale esattamente quanto l’inverso nel senso che il tango da palcoscenico manca di sviscerare la parte tecnica responsabile della “piacevolezza” nel ballo da milonga! Giusto per citare qualche banale esempio: i ballerini da palcoscenico danzano avendo cura di mantenere una postura relativamente rigida e sempre elegante mentre i milongueros sanno bene che la piacevolezza dell’abbraccio può essere ricercata attraverso una postura morbida e “accomodante”, anche usando movimenti tipici, talora esteticamente insignificanti, ma di certo gradevoli nello spazio della coppia. Analogamente: i passi lunghi ed eleganti nella camminata sono fondamentali per lasciare apprezzare la bellezza del movimento ad un osservatore mentre, in milonga, la possibilità di variare intensità ed energia del movimento offre grandi spunti interpretativi e di comunicazione oltre a premettere una gestione di spazi spesso improvvisamente ridotti. E ancora: in uno spettacolo i “tacchi al vento” della ballerina danno spunti di grande suggestione mentre in una milonga l’incolumità delle coppie ne risulta avvantaggiata se i tacchi restano sempre rasi alla pista. Gli esempi si possono moltiplicare. Così ambedue gli stili hanno un fascino proprio ma caratterizzato da elementi tecnici differenziati. Fatto sta che numerosi critici del tango milonguero, anche se amano definirsi “salonisti” hanno in realtà un’esperienza ed una formazione per lo più da “palcoscenico”. Paradossalmente, quando insegnano, trasmettono figurazioni improbabili a persone che non hanno alcuna velleità di esibirsi e talora neanche un fisico sufficientemente allenato per farlo, rendendole semplicemente ridicole.
condivisione

Critiche più fondate mi sento di riceverle e condividerle da chi invece balla un buon tango da sala (milonga) anche se con stile “non milonguero”. A dire il vero, con questi ultimi, le differenze si limano molto e comunque si risolvono facilmente nel gusto e nella sensibilità individuali. Infatti il tango milonguero, con una posizione leggermente inclinata in avanti e con l’abbraccio serrato da tutti e due i lati favorisce una comunicazione immediata e, come conseguenza, la possibilità di un’interpretazione più vivace e improvvisata. Altri stili ballati come si suole dire “più in asse” favoriscono invece altri tipi di dinamiche, altrettanto difficili e affascinanti. A questo punto resta solo una questione di scelta in base al proprio gusto e, non certo, in funzione della semplicità dell’uno o dell’altro stile perché, com’è ben noto, in tutti i casi l’apprendimento richiede studio e pratica.
medaglia

Ogni medaglia ha però due facce e se da un lato c’è chi gratuitamente critica e sminuisce lo stile milonguero dall’altro ci sono (pseudo) milongueri che fanno di tutto per tirarsi addosso le critiche. Questi ultimi sono quelli che millantano attitudini elitarie, che ostentano irriverente superiorità eludendo, loro per primi, lo spirito del tango della milonga, di cui si professano cultori (sigh! … cfr. il post “tango tristemente milonguero”). Spesso, ma è ora solo una considerazione personale, questi pseudo milongueri sono devoti allievi di maestri non propriamente milongueri e non sembrano affatto incuriositi dal significato di ciò che ballano al di là di dove sistemare il piedino e di come eseguire un adorno. Come conseguenza alimentano sentimenti di repulsione verso lo stile milonguero da parte di chi legittimamente e serenamente preferisce altri modi di ballare. Così chi ama semplicemente andare in milonga per svagarsi un po’ si trova in mezzo alle becere dicerie di chi, forse, in milonga non dovrebbe proprio andarci se non gradisce innanzitutto la dimensione sociale del tango.
insegnamento

Riprendendo il discorso tecnico mi sembra che il punto cruciale sia la qualità dell’insegnamento nel senso che, tolti gli elementi in comune a tutti gli stili (gli argentini sogliono ripetere che “il tango è uno”), ogni maestro dovrebbe mettere in risalto gli aspetti e le dinamiche tipiche del tango che sta insegnando, che vanno ben al di là delle “figure”. Imparare il tango milonguero non significa apprendere lo stesso tango da palcoscenico meno qualcosa ma piuttosto approfondire gli elementi caratterizzanti; esattamente com’è per gli altri stili! In assenza di questa caratterizzazione e quindi senza uno studio sufficientemente lungo e approfondito, ogni stile risulterebbe semplificato.
test

Così se a qualcuno sembra che il tango che sta imparando sia una versione “semplificata” non ha che da chiedere al proprio insegnante quali siano gli elementi tipici del suo stile (che prima o poi dovranno pure essere approfonditi!). Nel caso del tango milonguero, se la risposta dovesse essere del tipo l’“ocho milonguero”… conviene subito cambiare stile! :-)

mercoledì 23 luglio 2008

Omaggio a Ricardo Vidort


Ricardo Vidort è uno dei ballerini di tango che prediligo. Non avendo avuto la fortuna di studiare con lui, mi accontento di guardare ancora e ancora i suoi video e mi sazio dei racconti di chi invece lo ha conosciuto, sia tra gli amici italiani sia tra i grandi maestri argentini. Quando, nella pausa tra due lezioni, conversando con Susana Miller arrivammo a parlare di Vidort, i suoi occhi si illuminarono e si caricò di un nuovo entusiasmo. Subito dopo aggiunse “allora, alla prossima lezione vi mostro un passo di Ricardo!”.

I primi anni di tango mi emozionavano le esibizioni dei grandi ballerini da palcoscenico, come credo capiti un po’ a tutti. Oggi che di salti ne ho visti tanti e che inizio a guardare anche alla genuinità della partecipazione emotiva dei ballerini sono certamente meno sensibile alle coreografie di tango argentino eseguite con precisione svizzera e glamour francese: troppo cosmopolite!

Le esibizioni di Vidort invece mi affascinano: mi è sempre piaciuto pensare che, pur se in esibizione, Vidort ballasse assorto nella musica, unicamente per la ballerina; riguardo alle sue partner, mi sembra quasi che rinuncino all’attenzione tecnica per concedersi alla maestria del ballerino. Confesso che quando in milonga suona Poema non riesco a non figurarmi la splendida interpretazione di Vidort (riportato nei "tanghi a 5 stelle" del blog)

Un’interpretazione che sembra viva perché ogni volta che la riguardo scorgo un nuovo particolare che richiama la mia attenzione e mi impegna nelle milonghe successive. Un modo di eseguire una tecnica che emulo, estrapolo, sperimento e inevitabilmente mi rivela un nuovo gusto nel ballo. I “passi” sono sempre gli stessi, ma un ginocchio flesso, un gioco di pesi, di equilibri e squilibri, una particolare dinamica riescono a condire, insaporire e rinnovare il tango. “Ebbene caro Ricardo, rubo alcuni dei tuoi segreti sperando di onorare, solo per l’intenzione e non per gli esiti, l’arte del tuo tango”.

In questa mia ammirazione per Vidort, figurarsi la sorpresa quando spulciando in internet ho trovato altri due suoi video (http://www.tangoandchaos.org/chapt_5video/30ricardo.htm e ancora meglio ripreso http://www.tangoandchaos.org/chapt_5video/33ricardo.htm ), nuovamente di rara bellezza e genuinamente milongueri. Il contesto merita anche una lettura.

Da ultimo un estratto da una lettera di Vidort (nel post del 1/7/2008 “walk, walk, walk” del blog di Jenny Surelia: http://tangothoughts.typepad.co.uk/tango_thoughts/) in cui è proposto un significato all’essere milonguero. Per essere un milonguero, dice Ricardo (in un libero commento ad alcune frasi), devi avere innanzitutto un tuo proprio stile di ballo: un modo unico di sentire la musica, il ritmo, la cadencia e l'abbraccio... solo allora la musica invade il corpo e la mente perché possa entrare in comunicazione col tuo partner. Ballando per l’altro, dando priorità al sentimento: per questo un milognuero improvvisa sempre con il piacere d’essere se stesso. Il tango è un sentimento: praticare per essere sempre sé stessi e non la copia di qualcun altro.

Gaber avrebbe detto per non sognare i sogni di altri sognatori…
(foto by Kamath_In)

martedì 1 luglio 2008

L'unico allievo di tango



Capita spesso d’incontrare qualche tanghero che si proclama ironicamente l’unico allievo della sua città, conteso da tutti gli altri, ormai già maestri. Il corollario è che insegnano “cani e porci”. Se non ho mai ironizzato sulla precocità con cui capiti di autopromuoversi maestro, forse perché io stesso in difetto, confido d’averne condiviso più volte il corollario. Col tempo, ampliando la prospettiva di osservazione sul panorama tanghero nazionale, sto maturando invece giudizi assai più cauti.

Da un punto di vista squisitamente quantitativo, infatti, mi viene da pensare che quanto maggiore è il numero di insegnanti tanto più gremite saranno le milonghe e per me, che del tango amo la dimensione sociale, questa evenienza non può che essere positiva. Del resto se si fosse aspettato che giungessero eccellenti maestri d’oltre oceano per iniziare dei corsi, oggi non si ballerebbe che in poche città e con sparute comunità tanghere. Aggiungerei ancora che col passare degli anni, l’impegno di persone dedite all’insegnamento, oltre ad aumentare in numero e qualità i ballerini, ha contribuito anche alla crescita delle loro competenze didattiche. E non si può sottacere a tal proposito il fatto che oggi sono presenti in Italia maestri con esperienze d’insegnamento e capacità che spesso non hanno nulla da invidiare a quelle dei “colleghi” argentini.

Ovviamente queste considerazioni non spostano il problema della qualità degli insegnanti. Sarebbe da miopi non riconoscere che lo “stesso” tango possa essere insegnato in modi differenti, più o meno bene.

Da convinto milonguero penso che l’unico padrone del tango sia la “milonga”. La milonga decide del valore d’un ballerino, di un allievo o di un maestro; seleziona le tecniche e i comportamenti adeguati. E’ una scure pronta a recidere ogni autoreferenza: la qualifica di “maestro” non fa eccezione. Quando un allievo inizia a frequentare le milonghe ed a confrontarsi con gli altri delle diverse scuole può sincerarsi della bontà degli insegnamenti ricevuti. A questo punto il passaggio degli allievi da una scuola all’altra è fisiologico e forse forse anche positivo per la comunità tanghera nel suo complesso. Non dimentichiamo, memori anche della nostra personale esperienza, che la scelta iniziale della scuola presso cui cominciare il corso di tango è dettata da mille motivi che il più delle volte esulano dalla “qualità” dei maestri: la distanza da casa, le scelte degli amici, la scuola più famosa, ecc.. Si dovrà dunque considerare come ineluttabile una scelta successiva e più consapevole dei maestri a cui affidarsi.

In altre parole è la milonga l’unico filtro, “il mercato” del tango. Per questo trovo aberranti le pretese monopolizzatrici di alcune associazioni che intendono “diplomare” (e diplomano!) i maestri di tango, con tanto di livelli: bronzo, argento, oro… Se si accettasse (come alcune di queste associazioni richiedono) che il tango fosse insegnato solo da maestri “abilitati”, senza il vaglio della milonga, il piacere e la spontaneità del ballo sarebbero sostituiti da uno sterile tecnicismo, ammesso e non concesso che i diplomati abbaino almeno quello!
Una sorta di piccola “abilitazione” verbale la facciamo anche noi quando stabiliamo improvvisati, soggettivi e discutibili criteri circa l’inadeguatezza di alcuni ad insegnare, i cosiddetti “cani e porci”. Di ciò mi sono macchiato e continuo di tanto in tanto a macchiarmi la coscienza (con la cenere sul capo, però!). Forse occorrerebbe porre più attenzione all’importanza della milonga ed alle sue capacità di selezione.

Detto ciò, sarebbe interessante aprire un capitolo sulla figura del maestro di tango. A quanto ne sappia l’istituzione del ruolo di “Maestro” è abbastanza recente dato che un tempo il tango lo si imparava in famiglia o dagli amici o da conoscenti prima di avventurarsi in milonga. E questo potrebbe essere l’equivalente di ciò che succede oggi quando un tanghero con poca esperienza decida di dedicarsi all’insegnamento (il maestro precoce di cui sopra); senza nessuno scandalo. Senza nulla togliere a chi il maestro lo fa di professione né alle riconosciute capacità didattiche di molti bravi maestri, forse occorrerebbe smitizzare la figura dell’insegnante e riportarla al suo contesto più genuino che è quello di uno spontaneo trasferimento di esperienze … in attesa che superino il filtro della milonga.

L’argomento del post è abbastanza ostico per le innumerevoli implicazioni. Così ad esempio si potrebbero analizzare le responsabilità di chi tiene un corso e che comunque imposta un lavoro con il corpo dei suoi allievi. Le mie osservazioni si riferiscono al tango milonguero ma è certo che queste responsabilità aumentano sensibilmente quando, ad esempio, si insegnino delle figure più spettacolari come salti e giochi di gambe con una notevole sollecitazione delle articolazioni. In tutti questi casi, che competenze e quale esperienza dovrebbe avere un maestro di tango? (photo by Boston)

lunedì 26 maggio 2008

Elogio alla brava ballerina


Una questione imperante in milonga è la bravura dei ballerini; e dei maestri. Ecco un aneddoto.

Anni fa, quand’ero poco più che novizio del tango, giunse nella mia città una tra le migliori ballerine al mondo per uno stage. Ne avevo sentito parlare, sapevo ch’era apprezzata ma ignoravo le gerarchie tanguere, insieme a tante altre cose. Orgoglioso dei miei primi successi e già armato di diverse figure non mi mancava niente.

Così, in milonga, tra la titubanza dei ballerini più esperti, emerse la mia faccia tosta. La invitai e lei accettò. Oggi capisco che non avrebbe potuto rifiutare: ogni ballerino famoso mette in conto un certo numero di tanghi “politicamente” corretti prima ancora che desiderati.

Ballammo ed ero emozionato; di tutte le figure che conoscevo mi riuscì appena una camminata o poco più. La ballerina chiuse gli occhi e ballò come se fossi stato il più virtuoso dei ballerini. Partecipe ed appassionata. Fu un tango “troppo” gradevole per le mie capacità. A digiuno dei più elementari codici di comportamento, sentì solo la spinta di un sano realismo nel sorriderle e ringraziarla al termine del tango.

In un sol ballo un grande insegnamento che da allora cerco di onorare in ogni mio tango. Il post è un piccolo tributo ad una grande maestra. (foto by 35mmMonkey)

mercoledì 14 maggio 2008

Tango milonguero: indicatori di qualità



Sul blog Alma Milonguera, curato da due bravi maestri di Napoli (Mara e Paolo, nel video), è pubblicato un quaderno tecnico con gli “indicatori di qualità” per una buona tecnica di ballo. Ovviamente una buona tecnica di ballo si compone di tanti elementi; con gli indicatori hanno voluto evidentemente elencare quelli che secondo loro rivestono una certa priorità. L’argomento è particolarmente stimolante.

Pur condividendo pienamente la validità degli elementi tecnici elencati da Mara e Paolo, quando in milonga cerco di scovare i più bravi ballerini/e, in genere, utilizzo insieme ad alcuni dei loro “indicatori” anche altri parametri; analoghi criteri mi guidano sia quando studio sia quando insegno.

Come premessa occorre definire cosa si intenda per “buon ballerino” e con quali strumenti quantificarne la qualità. A differenza del tango da palcoscenico, dove possono essere stilati criteri “oggettivi” per definire una tecnica più o meno corretta (ad esempio dalla quantità di spettatori, dagli incassi, dalle recensioni, ecc.), nel tango milonguero i criteri sono molto più sfumati. Si balla infatti per il piacere, proprio e del partner, e questo è difficilmente misurabile, se non su base statistica (…e vallo a selezionare un campione rappresentativo di ballerini!). Mi è capitato di guardare tangheri “terribili a vedersi”, a cui non avrei dato alcun credito, salvo poi sentire i commenti entusiastici di chi aveva appena ballato con loro. Che dire in questi casi? Se c’è piacere, la tecnica è corretta!

Gli elementi tecnico-strutturali che vado ad elencare sono quelli che ritengo possano rendere un tango piacevole sulla base della mia personale esperienza di ballerino e insegnante. Sono dunque “indicatori” soggettivi che ammettono ampie eccezioni. Si limitano a quelli valutabili dall’esterno;dall’interno si colgono tante altre sfumature che avrebbe poco senso inserire nel post. Ecco dunque i miei indicatori:

1) Poca energia nelle “gambe”: nel tango milonguero la comunicazione avviene con la parte alta del corpo. Ognuno poi ha il suo sistema di riferimento, chi dice l’addome, chi il petto, chi le spalle, chi il centro… io uso il centro. Lo scambio di informazione avviene attraverso il centro: l’uomo convoglia l’energia per guidare uno spostamento; la donna lo recepisce e lo segue. L’energia che arriva alle gambe è solo un tenue riflesso di quella che passa per i centri; tutta l’energia in eccesso non solo è al di fuori della comunicazione di coppia ma è percepita come un disturbo. Come corollario aggiungerei la generica assenza di tensioni, anche nell’abbraccio (cfr. il post su tangoquerido).

2) Il “centro” rivolto verso il partner: se la comunicazione avviene tramite i centri questi devono “guardare” il partner altrimenti l’energia risulta dispera in altre direzioni (è una questione di vettori…). Casi tipici: i dolori di schiena delle ballerine quando il centro dell’uomo guarda in basso. – Questo potrebbe in parte equivalere all’allineamento dei cingoli di cui parlano Mara e Paolo.

3) Movimento delle anche: i Maestri dicono che il passo milonguero è pesante, come quello di un elefante. Ho impiegato un po’ di anni a capire cosa significasse. Non era difficile: è solo un gioco di anche; l’anca senza peso si rilassa e si abbassa, l'altra è allineata col centro e sostiene il peso. Il rilassamento delle gambe parte dalle anche. Cari milongheri, redarguiti a lezione per evitare movimenti di bacino, posso immaginare il vostro stupore. Provare per credere!

4) Partecipazione di tutto il corpo al movimento: qui entriamo nella “metafisica”. Agli inizi viene insegnato a restare impettiti e a ballare ingessati. Col tempo si scopre l’utilità del gioco delle anche, delle ginocchia (Susana Miller dice che i milongueros “parlano” con le ginocchia), del “centro”, che si porta dietro tutto il busto, ecc.. Difficile spiegare con le parole questo punto: chi ne ha esperienza mi avrà già compreso, per gli altri “come se non avessi detto niente”.

5) Le pause: qui mi ritrovo perfettamente in sintonia con Mara, Paolo e presumibilmente con qualche comune maestro… E aggiungerei che una buona pausa richiede consapevolezza del ruolo delle anche sia per l’uomo sia per la donna. In realtà le pause andrebbero inserite in un discorso più ampio di interpretazione musicale (e circolazione in pista...) ma stanno bene anche in una voce a sé stante.

6) tacchi sul pavimento: al di là di ogni altra considerazione, come ad esempio i famosi dolori delle ballerine agli avampiedi (di cui ho conoscenza teorica), è sufficiente provare una taccata (di cui ho conoscenza pratica) per condividere questo punto.

7) inclinazione dell’asse: non mi sembra il caso di dilungarmi

8) Lo sguardo…quello dell'altro/a però! Se esprime soddisfazione vuol dire che sta andando benone ma se si perde nel vuoto o se cerca i saluti delle persone a bordo pista… non ci sono altri indicatori che tengano! Questo è l’indicatore risolutivo.

Questi sono i criteri principali attraverso cui mi faccio un idea della qualità tecnica di un ballerino/a, fermo restando che a questi pochi punti aggiungo volentieri gli altri elencati da Mara e Paolo. Forse dimentico qualcosa, del tipo: interpretazione musicale, seguire la ronda, ecc. ecc., ma questo lo diamo per scontato … oppure no?

lunedì 12 maggio 2008

Tango tristemente milonguero

Il tango milonguero, etimologicamente e prima d’ogni sorta di caratterizzazione stilistica, è quello che si vive in milonga. La milonga è un luogo aperto, sociale, dove si condivide, ci si confronta e si partecipa. Ogni tanghero balla col proprio partner, ma anche con le altre coppie in pista con cui si muove formando un tutt’uno organico e funzionale. Gli sguardi e i commenti delle persone ai tavoli avvolgono ed amalgamano i ballerini. Spogliare il tango milonguero di questa socialità significa negargli la sua stessa identità. Quando a spogliarlo sono poi quegli stessi tangheri che si professano cultori del “tango-milonguero” si giunge ad una triste semplificazione che riduce l’anima di un ballo sociale ad una mera e talvolta presunta abilità tecnica.

In molte milonghe, più spesso nelle città di grandi dimensioni, si respira un’aria seriosa, con molti ballerini dal cipiglio imbronciato e divisi, perfino nei posti a sedere, per gruppi di provenienza: quelli di un maestro nell’angolo destro della sala, quelli di un’altra scuola nell’angolo buio a sinistra, quelli di un terzo gruppo ai tavoli del lato lungo… attenzione a non incrociarsi con gli altri, uno perché noi siamo i migliori, due perché il “meticciato” squalifica, tre perché il tango è cosa seria e complessa! Talmente complessa che in molti non l’abbiamo ancora capita…

Non si capisce infatti perché i gruppi auto-referenziati, bravi per se stessi e sublimati nella loro alterigia, sentano la necessità di andare in milonga anziché vedersi, solo tra loro eletti, in luoghi separati. Così facendo, loro potrebbero bearsi e compiacersi l’un l’altro, mentre noi altri potremmo godere di milonghe più rilassate.

Come tanti altri appassionati di tango sociale, anche io ho sempre più spostato la mia vita sociale nelle milonghe, abbandonando molte delle precedenti abitudini e passioni, e mi piacerebbe trovarvi un ambiente più sereno. In fin dei conti, dopo una giornata di lavoro, in milonga ci si va (anche) per rilassarsi e per star bene tra e con la gente.
Sarebbe ragionevole aspettarsi da parte di tutti quelli che trascorrono gran parte della propria vita sociale in milonga una particolare predisposizione al confronto e all’interazione con gli altri. Per questo trovo totalmente paradossale che proprio taluni sedicenti cultori del tango milonguero restino arroccati intorno alla loro convinzione d’essere ballerini eletti e, per questo, sentano la necessità di esternare una loro superiorità: un tango tristemente milonguero!

Ovviamente ognuno è libero di restare impettito, guardando dall’alto in basso il resto del mondo, ma si dovrà pur riconoscere che due o tre gruppi di tangheri che si atteggiano in tal guisa, in una stessa milonga, rendono l’atmosfera un po’ pesante. Sarà che a BA ci sono anche situazioni d’elite (e credo che ormai ci sia di tutto e di più), ma dobbiamo importare proprio tutti gli usi e costumi argentini, anche quelli più stupidi, insieme al tango?
(foto by LaTur)

venerdì 18 aprile 2008

Bellezza e gradevolezza

Bellezza e gradevolezza non necessariamente si escludono a vicenda. Un bel tango può essere piacevole ed esteticamente apprezzabile; così come la botte non dev'essere necessariamente vuota perché la moglie sia ubriaca! Almeno in teoria, perché nella pratica sembra che sia tutt'altro.

Una maestra di tango, forse una delle più brave con cui abbia studiato, ripeteva alle ballerine del corso che la natura aveva già provveduto a farle muovere con grazia e bellezza e non c'era quindi necessità che si preoccupassero di eseguire ulteriori abbellimenti. Oggi guardo le "femmine" ballare e riscopro tutta la loro bellezza nei movimenti più semplici e naturali.

Un maestro di tango esortava noi "maschi" a ballare per la ballerina che stringevamo tra le braccia e non per le persone sedute ai tavoli o, peggio, per se stessi. Oggi guardo un bravo ballerino attraverso l'espressione di chi balla con lui.

E arriviamo alla moglie sobria:
quando la ballerina è concentrata sull'estetica, le sue energie lasciano la coppia e vanno verso l'esterno e il ballo diventa una fatica inutile, per nulla alleviata dal pensiero che la gente intorno alla pista starà godendo della sua perfezione tecnica...
Le maestrine della "aristocrazia" tanghera sono le più pericolose, troppo prese dai commenti degli altri per lasciarsi andare come facevano quand'erano ancora novizie o poco più.
...e alla botte vuota:
quando il ballerino è assorto nella compiacenza delle sue figure e si dimentica della sua compagna di sicuro dovrà essere molto persuasivo per reinvitarla. In compenso potrà fare pratica ogni qualvolta si troverà a marcare un "cambio di direzione" al carrello della spesa al supermercato...

la bellezza di un tango vale il suo piacere?

venerdì 11 aprile 2008

imperdibile



Una milonga che emoziona. In un vecchio post scrivevo che il tango si balla col cuore e non con le gambe: tecnicamente si traduce in questo video di Pocho y Rosita che riescono a ballare con poca, veramente poca energia nelle gambe. Quasi per incanto sembra che non ci siano più figure ma solo tanta intensità. Talvolta mi convinco o illudo d'essere un buon ballerino; poi incappo in un video come questo e mi sento meno d'un principiante!

lunedì 31 marzo 2008

tango milonguero 2


In un commento al post del 6 febbraio, Dori coglie una sfumatura molto interessante: "...Avvicinarsi o "stringersi" non è tango milonguero. E' l'errore piu' diffuso, l'idea che ha chi NON balla milonguero...". Condivido pienamenete! Il tango è un'esperienza e solo chi la vive in prima persone riesce a coglierne il significato più intimo.

In una recente chiacchierata, Susana Miller, una delle più competenti insegnanti di tango, commentava le perplessità di quei tangheri che considerano "semplice" il tango milonguero: "Com'è possibile pensare che tutte le persone che studiano per anni e anni lo stile milonguero siano così stupide da perdere tempo e danari? Non dovrebbero forse chiedersi cosa c'è dietro uno studio così impegnativo?". In realtà le parole che ha usato non erano proprio queste (ti chiedo scusa, Susana...) ma il senso dell'argomentazione era molto simile.

L'apprendimento del tango procede attraverso almeno tre stadi, raffigurabili (per chi ha fantasia) da una curva logistica:
- 1° stadio: il neofita si avvicina con prudenza al tango e cercando di capirne i principi basilari procede molto lentamente nell'apprendimento. Sono i principianti che "camminano, camminano" correggendo la postura, vincendo l'imbarazzo e che si muovono timidamente in milonga. E' una fase fortemente selettiva;
- 2° stadio: superata la prima fase, tutto è nuovo e tutto viene appreso ad una velocità sorprendente. E' il momento in cui si imparano mille figure, si sperimenta il proprio corpo in nuove dinamiche, si scoprono grandi possibilità. Questa è la fase del grande entusiasmo, di quando si va a ballare a tutte le occasioni. Ci si sente tangheri in carriera e ci si compiace dei propri progressi. In milonga (ma solo in Italia) ci si sente in diritto di sperimentare di tutto; si è concentrati prevalentemente su se stessi. Al termine di questa fase, in genere, si pensa di sapere già tutto e, venuto meno il mordente, si lascia, si smette di studiare o si passa agli stili "da spettacolo";
- 3° stadio: solo i più tenaci o gli studenti più fortunati (per i Maestri che hanno incontrato) decidono di approfondire lo studio. Le figure sono già state apprese, quasi tutte, e inizia un lavoro di finitura che ti fa sentire, più vai avanti, sempre meno competente. La progressione nell'apprendimento è lentissima perché si avvale di mille minuscoli particolari che pur sembrando insignificanti elevano la qualità (= godibilità) del ballo in modo lento ma deciso. La milonga è vissuta con maggiore rispetto e, oltre a se stessi, si matura maggiore consapevolezza del partner di ballo e delle altre coppie. I grandi ballerini, a vederli ballare, sembra che non facciano nulla di particolare, sempre le solite "stupide e limitate" figure, eppure l'espressione della loro partner è "estasiata" (e viceversa per le brave ballerine) e l'armonia tra le coppie in sala è totale. Oltre il terzo, il 4° stadio credo non lo si possa raccontare.

Così capita spesso che molti ballerini, al loro secondo stadio di apprendimento, partecipino a qualche stage di tango milonguero e subito dopo pensino di aver già capito tutto. Per il loro livello di esperienza nel tango milonguero (forse eccellerano in altri stili...) è normale che l'abbraccio serrato sia tutto; all'epoca fu lo stesso per me! Stringere l'abbraccio era come eseguire una nuova figura, grezza e fine a se stessa. Solo col passare degli anni, quando mi incamminai nello studio dei dettagli iniziai a scoprire la ricchezza di questo mondo e ad intuire il motivo per il quale molti argentini hanno passato una vita in milonga, ballando, senza mai annoiarsi. Difficile andare oltre solo con le parole...
(foto by Metempsycose)