martedì 1 luglio 2008

L'unico allievo di tango



Capita spesso d’incontrare qualche tanghero che si proclama ironicamente l’unico allievo della sua città, conteso da tutti gli altri, ormai già maestri. Il corollario è che insegnano “cani e porci”. Se non ho mai ironizzato sulla precocità con cui capiti di autopromuoversi maestro, forse perché io stesso in difetto, confido d’averne condiviso più volte il corollario. Col tempo, ampliando la prospettiva di osservazione sul panorama tanghero nazionale, sto maturando invece giudizi assai più cauti.

Da un punto di vista squisitamente quantitativo, infatti, mi viene da pensare che quanto maggiore è il numero di insegnanti tanto più gremite saranno le milonghe e per me, che del tango amo la dimensione sociale, questa evenienza non può che essere positiva. Del resto se si fosse aspettato che giungessero eccellenti maestri d’oltre oceano per iniziare dei corsi, oggi non si ballerebbe che in poche città e con sparute comunità tanghere. Aggiungerei ancora che col passare degli anni, l’impegno di persone dedite all’insegnamento, oltre ad aumentare in numero e qualità i ballerini, ha contribuito anche alla crescita delle loro competenze didattiche. E non si può sottacere a tal proposito il fatto che oggi sono presenti in Italia maestri con esperienze d’insegnamento e capacità che spesso non hanno nulla da invidiare a quelle dei “colleghi” argentini.

Ovviamente queste considerazioni non spostano il problema della qualità degli insegnanti. Sarebbe da miopi non riconoscere che lo “stesso” tango possa essere insegnato in modi differenti, più o meno bene.

Da convinto milonguero penso che l’unico padrone del tango sia la “milonga”. La milonga decide del valore d’un ballerino, di un allievo o di un maestro; seleziona le tecniche e i comportamenti adeguati. E’ una scure pronta a recidere ogni autoreferenza: la qualifica di “maestro” non fa eccezione. Quando un allievo inizia a frequentare le milonghe ed a confrontarsi con gli altri delle diverse scuole può sincerarsi della bontà degli insegnamenti ricevuti. A questo punto il passaggio degli allievi da una scuola all’altra è fisiologico e forse forse anche positivo per la comunità tanghera nel suo complesso. Non dimentichiamo, memori anche della nostra personale esperienza, che la scelta iniziale della scuola presso cui cominciare il corso di tango è dettata da mille motivi che il più delle volte esulano dalla “qualità” dei maestri: la distanza da casa, le scelte degli amici, la scuola più famosa, ecc.. Si dovrà dunque considerare come ineluttabile una scelta successiva e più consapevole dei maestri a cui affidarsi.

In altre parole è la milonga l’unico filtro, “il mercato” del tango. Per questo trovo aberranti le pretese monopolizzatrici di alcune associazioni che intendono “diplomare” (e diplomano!) i maestri di tango, con tanto di livelli: bronzo, argento, oro… Se si accettasse (come alcune di queste associazioni richiedono) che il tango fosse insegnato solo da maestri “abilitati”, senza il vaglio della milonga, il piacere e la spontaneità del ballo sarebbero sostituiti da uno sterile tecnicismo, ammesso e non concesso che i diplomati abbaino almeno quello!
Una sorta di piccola “abilitazione” verbale la facciamo anche noi quando stabiliamo improvvisati, soggettivi e discutibili criteri circa l’inadeguatezza di alcuni ad insegnare, i cosiddetti “cani e porci”. Di ciò mi sono macchiato e continuo di tanto in tanto a macchiarmi la coscienza (con la cenere sul capo, però!). Forse occorrerebbe porre più attenzione all’importanza della milonga ed alle sue capacità di selezione.

Detto ciò, sarebbe interessante aprire un capitolo sulla figura del maestro di tango. A quanto ne sappia l’istituzione del ruolo di “Maestro” è abbastanza recente dato che un tempo il tango lo si imparava in famiglia o dagli amici o da conoscenti prima di avventurarsi in milonga. E questo potrebbe essere l’equivalente di ciò che succede oggi quando un tanghero con poca esperienza decida di dedicarsi all’insegnamento (il maestro precoce di cui sopra); senza nessuno scandalo. Senza nulla togliere a chi il maestro lo fa di professione né alle riconosciute capacità didattiche di molti bravi maestri, forse occorrerebbe smitizzare la figura dell’insegnante e riportarla al suo contesto più genuino che è quello di uno spontaneo trasferimento di esperienze … in attesa che superino il filtro della milonga.

L’argomento del post è abbastanza ostico per le innumerevoli implicazioni. Così ad esempio si potrebbero analizzare le responsabilità di chi tiene un corso e che comunque imposta un lavoro con il corpo dei suoi allievi. Le mie osservazioni si riferiscono al tango milonguero ma è certo che queste responsabilità aumentano sensibilmente quando, ad esempio, si insegnino delle figure più spettacolari come salti e giochi di gambe con una notevole sollecitazione delle articolazioni. In tutti questi casi, che competenze e quale esperienza dovrebbe avere un maestro di tango? (photo by Boston)

12 commenti:

sirena ha detto...

Ciao Massi, quanto tempo!
Di tango so quel che so..:o)di insegnamento in generale qualche cosa in piu'.
In effetti sono una prof.E insegno ballo da sala e liscio unificato...
Senza arrivare a definire l'insegnamento come una missione o una vocazione ( era in voga, anni fa!)credo che non tutti siano bravi insegnanti e non tutti siano in grado di insegnare
Quando c'è un rapporto docente-discente di qualsivoglia tipo non entra in gioco solo la competenza ( fondamentale) ma anche l'autorevolezza, la credibilità, la passione, la motivazione, l'arte della "maieutica"..
Un bravo maestro deve operare distinzioni:esistono modi e stili diversi di apprendimento:non siamo tutti uguali, non rispondiamo tutti allo stesso modo,non tutti dobbiamo rispondere ai "canoni"previsti.
Nel caso del tango poi io penso che sia triste vedere in milonga tanti "cloni" del maestro.Meglio vedere persone che "vivono" il tango.Cio' che dovrebbe "passare" è il senso, l'idea di tango che ognuno puo' coniugare con il proprio bisogno, con la propria voglia,con il proprio desiderio di tango.
Quanto poi al fatto che un sacco di persone si improvvisino maestri:ahimè è vero! E piu' sono "freschi" di tango , e piu' cercano di accattivarsi l'allievo con figure" a effetto": e si sa che piu' bassa è l'autostima e piu' la gente si vuole riscattare mettendosi in mostra.
Ma è cosi' un po' ovunque, non possiamo illuderci che il tango sia immune da queste..contaminazioni!!
Il fatto è come ben dici che la milonga è il luogo dove ci si confronta( o scontra?) anche con questi aspetti..e spesso..son dolori!!;-)
Dori

massitango ha detto...

ben ritrovata Dori! Trovo interessante il tuo contributo e condivido pienamente la riflessione sugli allievi "cloni" dei loro maestri (che meriterebbe qualche considerazione in più).
Mi piace pensare che tutti, allievi ma anche maestri, abbiano sempre un qualche margine di miglioramento.
Col tempo ho maturato comprensione verso i ballerini con meno esperienza ed una gestione dello spazio meno disinvolta; in fondo ci siamo passati tutti. Allo stesso modo inizio ad avere un pò più di tolleranza anche verso gli insegnanti meno preparati che nonostante le lacune si dedicano alla diffusione del tango: cresceranno anche loro.
Tuttavia la raffinata sfumatura finale del tuo commento ("e spesso...son dolori") sottintende ironicamente ai limiti di comprensione e tolleranza: come dire in fondo che "ogni limite ha una pazienza". Forse sarebbe davvero troppo pretendere che nel tango, a differenza della vita, tutto funzioni bene. E cosa non siamo disposti a sopportare ed infliggere per la nostra amata milonga!
ciao, Massi

ilprimopasso ha detto...

eccomi finalmente con un minuto per leggerti caro massitango! sarà stato un caso ma anche io nel mio ultimo post ho parlato di "cloni" ma con una diversa accezione, sarà che il problema è sentito nelle sue complesse sfaccettature da molte parti? chissà! come sempre hai trattato un argomento spinoso "anzichennò" in effetti c'è in giro tanta "maestritudine tanguera paccottiglia" che purtroppo ahinoi generano tangueri paccottiglia a loro volta. però la tua filosofia della sala come maestra di vita tanguera mi piace e mi solletica molto, pur con tutte le sottolineature che anche sirena nel suo efficace commento riporta riguardo gli "scontri" in milonga. sarebbe bello poter riportare con una bacchetta magica gli umori, il feeling, l'atmosfera, che si respira in una milonga qualunque di baires qui in italia, sono convinta che sarebbe salutare per molti e che i tangueri paccottiglia si ritirerebbero in buon ordine...

massitango ha detto...

cara ilprimopasso, sei come sempre la benvenuta! Con questo caldo siamo rimasti in pochi a ballare nelle milonghe virtuali, ma con argomenti d'eccezione: i cloni...ho letto il tuo post e presto lo commenterò. Potrei ora aggiungere che mi dispiace per chi, già in ferie, lo perderà. Parimenti, anche l'ultimo post di Dori mi sembra particolarmente istruttivo e meritevole d'attenzione. Sarà che, crescendo, ci accontentiamo solo di una sana genuinità? Un abbraccio. Massi

farolit ha detto...

Post oceanico... eppure semplice, volendo.
Credo che maestro sia chiunque sia riuscito a trasmetterci qualcosa in modo "permanente" o - almeno - utile per la nostra evoluzione.
La conoscenza di qualcosa è sempre un'esperienza che attraversa fasi, gradi di consapevolezza.
Guardandosi indietro con la consapevolezza di chi sa - quando la conoscenza è ormai approfondita - ci si rivede ingenui e creduloni nell'apprendere i primi rudimenti eppure... senza quei rudimenti (e coloro che hanno saputo trasmetterceli) non avremmo conosciuto granchè.
E' vero non tutti quelli che possiedono le conoscenze sanno trasmetterle e viceversa. I maestri (elemetari o accademici) di tango non sono poi così tanti ... anche se tanti sono quelli che si mettono a insegnare, italiani o argentini, non importa. E' vera la legge della milonga: è li che si tasta l'allievo, il maestro, l'insegnamento, la lezione. A me quest'anno è successa una cosa strana... sono stata "scelta" com maestra da persone non tanguere venute alla milonga per vedere, mi sono avvicinate e mi hanno chiesto di fargli lezioni private. io che non sono maestra (anche se diverse volte mi è capitato di supportate chi lo è) le ho indirizzate verso altre scuole o altri maestri, ma quelle mi hanno detto che volevano proprio me. Volevano apprendere da me. Buffo. Eppure ho capito cosa accadeva. Ognuno di noi - avendone l'opportunità - sceglie non solo il modello a cui vuole ispirarsi o appartenere ma anche quello da cui vuole (e preferisce) apprendere. Io non posso che essere lusingata dall'essere scelta come "maestra". Ma il discorso sull'apprendere non finirebbe mai.
Per cui mi fermo qui.

massitango ha detto...

cara farolit speravo di leggerti ancora e che le tue "vacanze" dal tango virtuale lasciassero aperte le porte a sporadiche incursioni!
Sarà il caldo, sarà che ho per le mani i libri sbagliati ma ho l'impressione che i commenti estivi scavino oltre la superficie del tango. Così, mentre leggo dell'aneddoto che ti vede protagonista e maestra, la mia mente vola ad una vecchia trasmissione in cui uno psicologo spiegava come ognuno diriga inconsciamente le sue esperienze verso quelle strade entro cui risiedono motivi di crescita. Sembrerebbe una contestualizzazione della legge karmica. Forse laddove noi vediamo "sempicemente" tango, ivi inclusi i rapporti allievo-maestro, sono sottintese dinamiche più complesse che coinvolgono la parte meno facilmente accessibile del nostro "io". O forse sarà solo il caldo di questi giorni e magari con condizioni meteorologiche più clementi riuscirò a rientrare nei ranghi del blog. Intanto un caloroso abbraccio di ben ritrovata. ciao massi

sirena ha detto...

Bella questa riflessione, Massi!Anch'io penso che noi tutti siamo, in qualche modo, attratti da cio' che ci fa crescere..
Ci orientiamo dunque non solo e non semplicemente nei confronti di cio' che " è bello", ma anche nei confronti di cio' che ci porta significati ed emozioni.
Il percorso di apprendimento in un adulto comporta cio' che io chiamo "la scelta di pancia" che è quella istintiva, ma dietro c'è un vissuto emozionale di cui non sempre abbiamo conspevolezza.
L'area affettivo-relazionale è determinante per ogni processo di apprendimento..addirittura ci sono teorie secondo cui se non entra in gioco questa area ci sarebbe una sorta di inibizione delle altre, in pratica senza un rapporto affettivo ( nel senso piu' vasto del termine) non ci sarebbe alcun apprendimento, e non scatterebbe la "motivazione".
C'è una bella frase di Saint-Exupery, che mi sembra significativa :
"..se vuoi costruire una nave non chiamare a raccolta gli uomini per procurare la legna e distribuire i compiti, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito."
..mi sa che sono andata un po'"off"
..:o)
Abrazos
Dori

massitango ha detto...

Grazie del commento Dori! Adoro il tango, la milonga e gli annessi e connessi; questo blog in particolare è dedicato ai dettagli, alle riflessioni e alla tecnica del tango milonguero.
E tuttavia se non ammettessi che l'Essere, oltre a compendiarsi nel tango, fosse al contempo tutt'altro arginerei l'esperienza del tango, della vita e il breve significato di questo spazio.
Mi sembra allora che quanto più pensiamo di allontanarci da un'esperienza tanto più ne cogliamo il significato; e quanto più cerchiamo di afferrarla tanto meno riusciamo a farla nostra (cfr. il post: http://tango-milonguero.blogspot.com/2007/11/il-piacere-del-tango.html).
Chissà se il tango riesce a metterci in contatto subliminale con talune esperienze relazionali e affettive del nostro vissuto.
Metto insieme pensieri sparsi...Dori, sii gentile, continua questa interessante riflessione sia per l'apprendimento sia per l'esperienza a tutto tondo del tango. Aspetterei volentieri una seconda parte del commento. ciao

sirena ha detto...

Caro Massi, ti ringrazio per la tua sempre squisita ospitalità e per la tua grande pazienza nell'ascoltare!
Riprendo dalla fine del mio commento, da quella frase bellissima di Saint Exupery.
La vedo collegata al tango.
E' per analogia, come l'apprendimento della lettura.
Tu puoi insegnare a leggere ad un bambino, fornendo degli strumenti "tecnici"( alfabeto, suoni, significati), ma il "gusto" della lettura (cioè il "senso")si impara solo avvicinandosi ai libri, ai racconti, alle poesie. Quali? Non indistintamente, ma quelli che , in qualche modo, vanno a "pescare" nel nostro vissuto, nel nostro inconscio,che stimolano la nostra emotività e la nostra curiosità.
Il tango allo stesso modo.
Il "buon" maestro non ti offre solo gli strumenti ( i passi, le coreografie)per ballare , ma tocca alcune corde del tuo "io" che sono quelle che ti condurranno all'essenza del tango.Che è fatta di cose visibili e di cose invisibili.Puoi diventare bravo tecnicamente, ma se non ti emozioni quando balli tango, non solo non trasmetti nulla agli altri,ma fai semplicemente dell'ottima ginnastica.
E' la "nostalgia del mare" che ti spinge a costruire la barca;è la "nostalgia di un'emozione" che ti spinge a "costruire" il tuo tango.
E torniamo a quanto si diceva: è il tuo cuore che per primo dice si' al tango, poi i tuoi passi, poi la tua testa.
Non è solo la musica del tango quella che ci muove, ma anche il tango come ballo. Come ballo sociale.Ballare con un altro è "mettere insieme" l'amozione, anzi le emozioni, magari diverse, ma, in quel preciso istante, complementari.
C'è tanto, dietro a un tango:ci sono due persone, con le loro storie, ci sono i sentimenti e i vissuti di chi quel tango l'ha fatto nascere: una sorta di simbiosi inconsapevole tra tanti esseri.
Non so se sono riuscita a rendere chiaro il mio pensiero, non so se sono stata fluida. Magari sono stata noiosa: ma in quello che ho detto io credo davvero!;-)
Ciao!!
Dori

Anonimo ha detto...

Curiosando...di passaggio mi fermo e leggo.
Comincio con dei sinceri complimenti per la profondità di quanto leggo qui, al di fuori dei luoghi comuni...ripasserò sicuramente, dal momento che il tango mi ha "acchiappato" da un pò, e con grande amore continua a condurmi negli abbracci.
Si parla di maestri, degli ormai onnipresenti maestri e trovo interessantissima la tua riflessione sul ruolo della milonga che seleziona...giustissimo!
e sull'importanza di avvicinare al tango...che ognuno poi prende la sua strada, trova il suo tango e i suoi-il suo-la sua maestra.
e dal proprio non si scappa.
Quello su cui punterei l'attenzione, però, è l'allievo.
Il buon maestro...è soggettivo, il buon maestro ha tanti allievi...la tecnica può essere recepita, esercitata, paranoizzata...ma la passione, l'intensità di andare oltre le parole del maestro, l'emozione che quasi ti fa piangere...quella non si insegna...si può lasciare intravedere...ma niente di più.
E questo, oltre alla milonga selezionatrice, è quello che secondo me tira una linea di confine...c'è chi il tango lo balla e chi il tango ce l'ha dentro quando balla e non.
Rispettabilissimi i due tratti, ma la differenza c'è!
E il tango milonguero, chuiuso, dell'abbraccio...se non è nel cuore, quasi non esiste!
Grazie per lo spazio.
Un abbraccio.

massitango ha detto...

ciao Fra, ben arrivato nel blog! Capisco quanto dici e lo condivido; la sensibilità dell'allievo non è certo di minor importanza rispetto alla bravura del maestro. Tanto più che a volte è la milonga stessa a insegnare pur se in modo insondabile e invisibile ... potrà pur essere che allievo e maestro siano due facce di una stessa realtà? grazie del commento e a presto. ciao

Anonimo ha detto...

...solo per completezza ti dico che sono una donna!
A presto!