
Ricardo Vidort è uno dei ballerini di tango che prediligo. Non avendo avuto la fortuna di studiare con lui, mi accontento di guardare ancora e ancora i suoi video e mi sazio dei racconti di chi invece lo ha conosciuto, sia tra gli amici italiani sia tra i grandi maestri argentini. Quando, nella pausa tra due lezioni, conversando con Susana Miller arrivammo a parlare di Vidort, i suoi occhi si illuminarono e si caricò di un nuovo entusiasmo. Subito dopo aggiunse “allora, alla prossima lezione vi mostro un passo di Ricardo!”.
I primi anni di tango mi emozionavano le esibizioni dei grandi ballerini da palcoscenico, come credo capiti un po’ a tutti. Oggi che di salti ne ho visti tanti e che inizio a guardare anche alla genuinità della partecipazione emotiva dei ballerini sono certamente meno sensibile alle coreografie di tango argentino eseguite con precisione svizzera e glamour francese: troppo cosmopolite!
Le esibizioni di Vidort invece mi affascinano: mi è sempre piaciuto pensare che, pur se in esibizione, Vidort ballasse assorto nella musica, unicamente per la ballerina; riguardo alle sue partner, mi sembra quasi che rinuncino all’attenzione tecnica per concedersi alla maestria del ballerino. Confesso che quando in milonga suona Poema non riesco a non figurarmi la splendida interpretazione di Vidort (riportato nei "tanghi a 5 stelle" del blog)
Un’interpretazione che sembra viva perché ogni volta che la riguardo scorgo un nuovo particolare che richiama la mia attenzione e mi impegna nelle milonghe successive. Un modo di eseguire una tecnica che emulo, estrapolo, sperimento e inevitabilmente mi rivela un nuovo gusto nel ballo. I “passi” sono sempre gli stessi, ma un ginocchio flesso, un gioco di pesi, di equilibri e squilibri, una particolare dinamica riescono a condire, insaporire e rinnovare il tango. “Ebbene caro Ricardo, rubo alcuni dei tuoi segreti sperando di onorare, solo per l’intenzione e non per gli esiti, l’arte del tuo tango”.
In questa mia ammirazione per Vidort, figurarsi la sorpresa quando spulciando in internet ho trovato altri due suoi video (http://www.tangoandchaos.org/chapt_5video/30ricardo.htm e ancora meglio ripreso http://www.tangoandchaos.org/chapt_5video/33ricardo.htm ), nuovamente di rara bellezza e genuinamente milongueri. Il contesto merita anche una lettura.
Da ultimo un estratto da una lettera di Vidort (nel post del 1/7/2008 “walk, walk, walk” del blog di Jenny Surelia: http://tangothoughts.typepad.co.uk/tango_thoughts/) in cui è proposto un significato all’essere milonguero. Per essere un milonguero, dice Ricardo (in un libero commento ad alcune frasi), devi avere innanzitutto un tuo proprio stile di ballo: un modo unico di sentire la musica, il ritmo, la cadencia e l'abbraccio... solo allora la musica invade il corpo e la mente perché possa entrare in comunicazione col tuo partner. Ballando per l’altro, dando priorità al sentimento: per questo un milognuero improvvisa sempre con il piacere d’essere se stesso. Il tango è un sentimento: praticare per essere sempre sé stessi e non la copia di qualcun altro.
Gaber avrebbe detto per non sognare i sogni di altri sognatori…
(foto by Kamath_In)