L’anima del tango è nella sua capacità di accogliere e respingere, di emozionare e deludere.
A volte sono convinto d’averne afferrato il senso sinché non vedo le mie mani vuote. Il piacere è fugace e veloce: più veloce del mio sguardo perché non riesco a fissarlo negli occhi. Resta solo il ricordo di averlo sentito passare, vibrante, senza che ne sia stato mai padrone. Sembra quasi che abbia una sua vita, che passi ti afferri e ti abbandoni, lasciandoti solo un riverbero di sensazioni nelle riflessioni lungo la strada di casa.
Il tango toglie di dosso l’ingombrante peso dell’io e lascia solo la condivisione del movimento, della musica, dello spazio. Si balla da solo, c’è per se stesso. Ne sono testimone, lo osservo, mi piace: rientro in me per pretendere ciò che mi spetta…ed è svanito come un rumore di cui rimane solo l’eco. L’eco gradualmente si affievolisce ed è tutto come prima. “Grazie, ti riaccompagno al tavolo”. Da fuori non sembra sia accaduto nulla di particolare, eppure se una tanda così capitasse una volta al mese ….
(foto by ArHe)
Nessun commento:
Posta un commento